O creatura che mi guidi nell’ombra e nella luce,
che nell’essere acerba mi fai sentire il sapore della bontà saggia,
oseresti guidarmi nell’oblio di Caronte,
farmi immergere nel profondo abisso dell’anima,
soffiare ciò che ancora esiste?
Ah quanto vorrei molleggiare di spirito,
quanto vorrei sguazzare nella vivacità e ridere d’entusiasmo come un bambino agli umori del tempo.
Penseresti che io chieda troppo?
E come vivrebbe un essere che non si domandasse cosa smuove la fame e la paura?
Vivrebbe di sani principi e sano di mente,
La colazione non s’arrischia mai d’invadere la cena,
il grembiule non si mette se non intorno al bacino,
l’amore arriva se chiamato col fischietto,
E non s’arriverebbe a un’età in cui ripensare addietro potrebbe nuocere gravemente a chi s’azzarda?
E se uno s’azzardasse, i capelli bianchi… potrebbero forse tornare al colore brillante di una gioventù bruciata?